Tempo e Musica ai tempi del coronavirus

Brevi riflessioni per continuare a parlare di Musica

Tempo e canzone

di Carolina Carpentieri

È tempo di parlare di tempo? Tempo e recupero del tempo grazie alla canzone e al suo impatto emotivo.

Osservando le funzioni della musica di stimolazione e comunicazione e partendo dall’assunto epistemologico dell’influenza positiva del canto, la canzone e la melodia assumono un ruolo importante per i soggetti affetti da demenza.

Ricordare e ricostruire una canzone in tutte le sue parti – ritmo, melodia e testo – è una tecnica musicoterapica ampiamente utilizzata con le persone affette da Alzheimer, ed ha lo scopo di mantenere attiva la memoria, di accrescere la produzione linguistica e di tranquillizzare i ricorrenti stati di agitazione. In questo processo di recupero del “tempo perduto”, si lavora con canzoni che i pazienti conoscono, che fanno parte del loro bagaglio culturale, che ricordano il loro passato. Nel cantare una canzone, nell’agganciarsi alla sua linea melodica i pazienti ritrovano le loro origini, aprono il baule dei ricordi, contattano emozioni forti, rivivono le atmosfere e gli stati d’animo delle esperienze più significative della loro vita.

Il musicoterapista, nell’attento lavoro di selezione delle canzoni e di interpretazione delle stesse, con e senza l’accompagnamento di uno strumento musicale (per lo più pianoforte, chitarra, fisarmonica) recupera frammenti di vita, altrimenti sommersi dalla malattia e perduti per sempre. Il paziente, nell’incontro sonoro-relazionale intriso di emozioni, si scopre ancora capace di cantare e di provare piacere nel condividere l’esperienza vocale in un setting che può essere sia individuale che di gruppo.

Nella pratica clinica esiste un modello di musicoterapia che utilizza il canto con una specifica selezione di fondo e un forte rigore tecnico, eleggendolo ad unica proposta terapeutica, articolata in un vero e proprio repertorio dedicato al paziente. Trattasi del modello di Hanne-Mette Ocshner Ridder che prevede solo il trattamento individuale e utilizza esclusivamente canzoni “familiari” con l’unica tecnica del canto a cappella (solo voce senza alcun accompagnamento di strumenti musicali), individuato come esclusivo mediatore per la comunicazione e per la relazione.

La seduta è articolata in:

  1. Canto di benvenuto
  2. Canto calmante
  3. Canto africano
  4. Canto popolare con molte ripetizioni dal carattere universalmente riconosciuto (es. Fra Martino campanaro)
  5. Canto popolare della propria terra
  6. Canto tratto dalla storia personale del pz
  7. Canto di arrivederci

Il processo è valutato ogni sei settimane, alla fine delle quali, il musicoterapista può operare cambiamenti sui vari canti, lasciando immutati il primo (Canto di benvenuto) e l’ultimo (Canto di arrivederci). La valutazione avviene attraverso l’analisi dei dati osservati in sette categorie di risposta: psicologica, posturale, visuale, gestuale, facciale, vocale, musicale. Il modello, punta a considerare sempre il paziente come una persona, ovvero un essere che ri-suona e quindi con una sua storia, una sua vita e la possibilità di relazionarsi.

Conclusioni

Al canto e alla canzone dobbiamo riconoscere un forte potere evocativo e una grande dimensione compensativa in ambito musicoterapico. Infatti, anche gli anziani non autosufficienti spesso ricordano e cantano i testi delle canzoni, partecipano e rispondono con logicità agli stimoli musicali, mentre mostrano chiare difficoltà a sostenere attività dialogiche di altro tipo. Il canto, quindi, attiva concentrazione, attenzione e memoria, mentre, la pratica canora, richiedendo espressione e restituendo piacere, riduce l’aggressività, permette un controllo della respirazione, induce stati di rilassamento e un conseguente benessere.

Vuoi approfondire la conoscenza di questo tema o condividere le tue riflessioni? Contattaci. Ci farà piacere accoglierti in SCISAR.