Strumenti musicali nell’arte

Gli strumenti musicali nei codici miniati

di Carolina Carpentieri

La maggior parte delle fonti, dalle quali è possibile ricavare immagini e notizie sugli strumenti musicali del Medioevo, non sono i trattati musicali bensì raffigurazioni dei codici miniati.
Una delle più significative fonti è l’opera Remède de Fortune del poeta e musicista francese Guillaume de Machaut (sec. XIV), nella quale trovano spazio interessanti e affascinanti miniature raffiguranti suonatori di strumenti musicali di vario genere, tra cui il flagioletto, la citola, l’arpa, la tromba, la viella, il corno, la ribella, il flauto a tre buchi, i naccheroni, la cornamusa ed il tamburo. Un ruolo centrale assume l’organo che si presenta munito di una tastiera collegata a delle canne dalle quali usciva il suono. Fondamentalmente era portativo, vale a dire che si poteva trasportare facilmente, di piccole dimensioni e con una estensione di 21 suoni, derivanti dal fatto che doveva essere in grado di poter eseguire tutti i modi ecclesiastici.

Sappiamo che uno dei primi organi in Italia fu costruito su ordine di Gottifredo, vescovo di Brescia, figlio del conte Attone, marito di Ildegarda, sposatisi nella rocca di Canossa (Alberto Miliolo, scriba publicus della città di Reggio dal 1265 al 1273, notizia che si trova nel suo “liber de temporibus et aetatibus”). L’organo portativo prevedeva una tecnica con ruoli ben distinti delle mani, potremmo dire che una mano eseguiva la musica e l’altra garantiva la diffusione della stessa, infatti, lo strumento veniva suonato dal musicista con una mano, mentre l’altra azionava il mantice, affinché il suono uscisse dalle canne.

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