Tempo e Musica ai tempi del coronavirus

Brevi riflessioni per continuare a parlare di Musica

Tempo e Talento

di Carolina Carpentieri e Francesca Cecere 

È tempo di parlare di tempo? Tempo di scoprirsi fortunati, vale a dire inclini e facilitati nell’esercizio della Musica.

In rete spesso capita di imbattersi in video di bambini o giovanissimi musicisti che eseguono brani di estrema complessità tecnica e musicale con una semplicità e leggerezza da far rabbrividire: questa infatti è la più comune reazione quando ci troviamo di fronte a quello che viene definito un vero e proprio talento. Quando si parla di talento ci si riferisce a quella dote innata in cui varie abilità correlate all’atto musicale – come l’abilità motoria, quella percettiva ed espressiva – sono fortemente sviluppate e vanno a costituire quella che Gardner definisce Intelligenza Musicale, un’intelligenza specifica e peculiare, al pari dell’intelligenza logico-matematica o linguistica.

Il talento è una sintesi di varie abilità musicali che vanno dalla capacità di percepire l’altezza dei suoni o le figurazioni del ritmo, alla capacità di produrre musica suonando uno strumento, cantando, componendo, fino all’esaltazione della creatività e dell’espressività attraverso la musica. In tutto questo quanto contano i geni?

«Probabilmente non c’è una risposta diretta» dice Yi Ting Tan, studiosa dell’Università di Melbourne e autrice di molti studi in materia «…è probabile che diversi geni o combinazioni di geni abbiano impatto su tipi differenti di abilità musicali». Certe posizioni sul cromosoma 8 sembrano implicate in più di un tratto musicale, per esempio nell’orecchio assoluto e nella percezione della musica. Altri loci sul cromosoma 4 sembrano invece coinvolti nella percezione musicale, in particolare nella capacità di distinguere l’altezza dei suoni e nell’accuratezza della tonalità nel canto. Due geni in particolare, poi, pare interagiscano tra loro nel produrre una spiccata attitudine alla musica. Uno ha a che fare con una buona capacità di percezione delle melodie, l’altro è stato associato alla memoria musicale e alla partecipazione ai cori. Questo, secondo Tan, solleva l’interessante possibilità di una sovrapposizione tra le basi neurobiologiche delle funzioni musicali e del comportamento sociale: chi ha buon orecchio è anche predisposto alle attività di gruppo? Ma le interessanti domande sono ancora da verificare.

Si è soliti pensare che questo “superpotere” del talento sia sostanzialmente dettato dalle leggi della genetica, dimenticando, invece, quanto incida la stimolazione ambientale e la sollecitazione da parte delle figure genitoriali a sviluppare la motivazione nel bambino a studiare uno strumento musicale e a dedicarsi a questo studio. Se infatti il bambino, in tenera età, viene adeguatamente sollecitato dai genitori, e se riesce a sviluppare una motivazione intrinseca tramite un approccio che rende la musica più simile a un gioco che a un compito da eseguire, ha già in sé gli elementi che potranno far germogliare e facilitare lo sviluppo di un autentico talento musicale; il famigerato superpotere, così, in quest’ottica diversa, appare una dote sapientemente costruita e coltivata giorno dopo giorno, con il  contributo familiare. A tal proposito è, quindi, molto importante il ruolo che in questo delicato compito hanno i genitori nel dar forma, con il tempo, a quel piccolo seme – potenzialmente presente in ogni bambino – innaffiandolo con cura e intelligenza.

A volte i genitori musicisti hanno chiavi d’accesso facilitate (non sempre!), ma sicuramente tutte le mamme e tutti i papà possono, con l’entusiasmo e l’attenzione al contatto costante con la musica e lo strumento, accompagnare i piccoli, sostenendoli in questo meraviglioso viaggio che comporta disciplina e perseveranza e che, purtroppo, dona visioni straordinarie e gratificazioni nel tempo e non da subito. Ricordare della dedizione di Leopold Mozart alla crescita dell’amato, seppur estremamente talentoso, figlio Wolfgang Amadeus, basta a capacitarti del fatto che il talento da solo non basta, ma deve essere sostenuto da impegno, studio e… fortuna nella ricerca di adeguati maestri, capaci di coltivare orecchio, tecnica e interpretazione. In più il talento richiede anche bilanciamento e armonia nella crescita per coltivare un’arte (qualsiasi essa sia!) e non crescere dei mostri dell’arte. Il superpotere in oggetto dovrebbe essere una fortuna personale da investire nella società e non un trampolino per la sola agognata celebrità.

Corollario storico

Mozart fu uno dei bambini prodigio più sfruttati della storia della musica, e ne pagò il prezzo. È ben raro che i bambini prodigio, una volta cresciuti, riescano a vivere una vita normale. Crescono coltivando un particolare talento a spese di tutti gli altri, trascorrono il loro tempo quasi esclusivamente con gli adulti, la loro educazione generale è trascurata, ricevono troppe lodi. Vivono così un’infanzia deformata, e quasi sempre questo porta a una vita adulta deformata. La tragedia di Mozart fu che egli crebbe affidandosi in tutto e per tutto al padre e non seppe far fronte alla società e alla vita. Questo fatto era generalmente riconosciuto già ai tempi suoi. Nel 1793 Friedrich Schlichtegroll, il suo primo biografo, scriveva: «Se questo essere eccezionale diventò uomo prestissimo per quanto riguarda la sua arte, in quasi tutte le altre cose rimase sempre – l’osservatore imparziale deve dirlo – un bambino. Non imparò mai ad amministrarsi. Non ebbe idea di quello che è l’ordine domestico, l’amministrare saggiamente, la moderazione e la saggia scelta dei piaceri. Sempre gli occorse una mano che lo guidasse». Cinque anni dopo, in una biografia del 1798 Franz Niemetschek scrisse: «Quest’uomo, eccezionale come artista, non fu altrettanto grande nelle altre faccende della vita». Gli uomini che scrissero queste osservazioni non erano ipocriti; non disapprovavano Mozart perché non era vissuto nel rispetto delle convenzioni. Sapevano semplicemente ciò che molti altri sapevano, e cioè che Mozart fu il peggiore nemico di se stesso, perché non abituato a guidare la sua vita e ad amministrare la sua professione.

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